BEATA VERGINE DEL SANTO ROSARIO DI FONTANELLATO

I Laici

I Laici Domenicani

chi sono

“I laici di S. Domenico – disse Pio XII in un Congresso del Terz’Ordine domenicano (29 Agosto 1958) – sono uuppo scelto di laici dediti ai maggiori obiettivi delOggi in particolare i laici sono chiamati a svolgere compiti speciali nella missione di salvezza della Chiesa: sono testimoni privilegiati del vangelo nelle “cose del mondo”.Per questo i suoi compiti possono essere svolti più facilmente se appartiene ad un gruppo o famiglia per sua natura apostolica, come la famiglia domenicana.

 Il laico domenicano ha una funzione molto importante nell’ambito della “famiglia di S. Domenico”. Sull’esempio di Domenico egli è consacrato a “rendere testimonianza alla verità”, a donare “la verità che libera” e a indicare la via della salvezza.

Di esse fanno parte uomini e donne, giovani e anziani, operai e professionisti, professori, studenti, artisti…. tutti uniti da una comune vocazione, la vocazione dell’Ordine di S. Domenico: l’amore alla verità, verità da amare, verità da conoscere, da vivere nella fedeltà al vangelo, verità da annunciare con la vita e la parola.

Storia dei Laici Domenicani

approfondimento

Il Laicato Domenicano, ramo della Famiglia Domenicana, esisteva già ai tempi di San Domenico, forse preesistente all’Ordine stesso, nato come «Ordine della Penitenza» in altri casi si riconoscevano con il termine “Le Mantellate” per via della mantella nera che portavano in segno di austerità e penitenza nel costume, Figlia di maggior splendore, fra le Mantellate, è proprio Santa Caterina da Siena.Movimento penitenziale, che gravitava attorno ai conventi, ebbe la sua prima Regola dal Maestro Generale dei Domenicani Munio di Zamora nel 1285. Approvata da Innocenzo VII nel 1405, la regola fu manuale di intere generazioni di Laici che, pur restando nel mondo, si ispiravano e vivevano la spiritualità dell’Ordine, di cui si sentivano membri effettivi.Dopo varie modifiche, l’ultima stesura della Regola fu elaborata dal Congresso Internazionale dei Laici Domenicani nel 1985 a Montreal, approvata definitivamente dalla Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari nel gennaio 1987.(>)

Cerimonia di vestizione dei Laici.

La Regola del Laicato Domenicano

Si compone di due parti. La prima parte, dal titolo “Costituzione fondamentale”, riguarda i laici in senso lato, cioè fissa in maniera molto generica le condizioni che una qualsiasi associazione deve osservare per poter venire aggregata alla Famiglia Domenicana.Ai Laici Domenicani in senso stretto è destinata la seconda parte della Regola, che ha conservato il significativo titolo di «Regola delle Fraternite Laicali di San Domenico».Le attuali Fraternite fanno capo ad una regola molto generica destinata a tutte le Fraternite sparse nel mondo e ciascuna nella sua situazione nazionale a un Direttorio Nazionale, creato dal Maestro Generale dell’Ordine e destinato ad applicare la regola alle diverse situazioni.

   I Laici Domenicani sono, come sottolinea la stessa denominazione, laici, cioè battezzati con una missione e una loro dignità e indipendenza. Sono, però, dei veri domenicani che, in forza della loro professione emessa in nome del Maestro Generale, vengono incorporati all’Ordine accettandone in pieno la giurisdizione, garantendogli anche quella fedeltà alla Chiesa, al Magistero e al Papa. Sono, pertanto, giuridicamente al pari dei frati e delle monache, membri dell’Ordine a pieno titolo.In quanto laici, come tutti gli altri, devono certo santificarsi vivendo nel mondo; in quanto Domenicani, dovranno farle impostando la loro vita «sull’esempio di San Domenico e di Santa Caterina da Siena,, illustrando la vita dell’Ordine e della Chiesa» (Reg. 5).Devono vivere il carisma dell’Ordine Domenicano: la predicazione ordinata alla salvezza delle anime. Come ribadisce il Direttorio Nazionale, il Laico Domenicano «si considera e si comporta sempre e dovunque da apostolo di Cristo, secondo il progetto di vita di S. Domenico» (D.N. 14).Tale progetto si avvale di quattro mezzi essenziali: vita comune, penitenza, studio e preghiera.

La vita comune, nell'intento di S. Domenico

non è importante solo per l’esercizio reciproco della carità fraterna, ma anche per la predicazione che, appoggiata e coordinata da una comunità, risulta molto più efficace dell’attività di un individuo isolato.Il Laico Domenicano in forza della propria vocazione è chiamato non solo a una vita spirituale e apostolica personale, ma anche a esprimere l’indole secolare in una vita di comunione e di impegni con la propria Fraternita» (D.N. 16).Gli incontri della Fraternita diventano così per il Laico, non solo l’occasione per l’esercizio della carità fraterna, ma il luogo della sua formazione dottrinale (D.N. 21), il luogo della sua preghiera comunitaria (D.N. 22), il luogo dove si organizzano le attività apostoliche e caritative secondo lo spirito di S. Domenico (D.N. 17 e 23). 

La Regola, pur nella libertà di scelta, impegna i singoli a sentire il bisogno della mortificazione e della penitenza. Per quanto riguarda lo studio, esso è un obbligo anche per i Laici Domenicani, essendo tenuti, in forza della loro professione, ad essere dei predicatori. Questo aspetto si snoda in diversi punti: studio della Parola (la Bibbia, specialmente i Vangeli); studio dei Documenti nati all’interno dell’Ordine Domenicano e che possono anche essere le vite dei Santi dell’Ordine come ad esempio s.Caterina da Siena e il suo Dialogo, come le opere di s.Tommaso d’Aquino; studio del Magistero della Chiesa, specialmente quello specifico sui Laici e sulla loro missione nel mondo come la Christi fidelis Laici; a tutto questo si aggiunga la specifica materia che è data dal culto alla Beata Vergine, prima fra tutti il Rosario che diventa materiale di studio (la Parola) e di Preghiera (contemplazione).

La formazione

viene affidata sia all’Assistente ( di solito un frate o una suora) che al Maestro di formazione (laico), ma soprattutto il Priore negli incontri di Fraternita «deve preoccuparsi di dare spazio alla cultura e allo studio, che sono alla base del progresso spirituale, sia individuale che comunitario» (D.N. 21).S. Domenico volle infine come quarto mezzo, ma il più importante di tutti, la preghiera, sia quella personale che quella comunitaria. Il parlare con Dio, cioè pregare, è indispensabile per parlare di Dio al prossimo, cioè per predicare.La preghiera permette al Laico Domenicano di mettere in pratica il carisma dell’Ordine sintetizzato da S. Tommaso nel motto: «Contemplata aliis tradere»: portare agli altri il frutto della propria contemplazione. 

 Essere Domenicani vuol dire sentire come S. Domenico l’ ansia della salvezza delle anime, predicando la parola di Dio e testimoniando la Verità, servendosi, per fare ciò, dei mezzi messi a disposizione dal Santo Fondatore.I Laici Domenicani devono vivere non solo il carisma, ma anche lo spirito dell’Ordine, cioè quello stile di pensiero e di vita che concorre a coltivare e amare di più il carisma. Fanno parte dello spirito dell’Ordine anche le varie devozioni, che sono parte integrante della vita della Famiglia Domenicana: la devozione Eucaristica che è la fonte primaria, la devozione al SS. Nome di Gesù, la devozione alla Passione del Signore e la devozione alla Madonna.La Vergine Maria, considerata ispiratrice e patrona dell’Ordine, occupa un posto del tutto speciale nella vita dei figli di S. Domenico. E’ risaputo che i Domenicani sono stati e sono tuttora sostenitori e diffusori della pia pratica del Rosario, diventata, per merito di Pio V, papa domenicano, preghiera universale della Chiesa…..

Statuti delle Fraternite Laiche di San Domenico

Lo spirito che ha guidato le innovazioni apportate ha seguito il necessario rinnovamento della vita delle nostre Fraternite, soprattutto aprendole al contributo di ogni laico domenicano.

Approfondimento

Convegno provinciale dei Laici Domenicani 2012

«Predicazione Domenicana al Femminile: S. Caterina da Siena»

Come il precedente, anche il Convegno provinciale dei Laici Domenicani si è svolto dal 28 al 30 settembre 2012 presso il Centro Mater Divinae Gratiae delle Suore di Santa Dorotea di Cemmo – Via S. Emiliano 30 – 25127 Brescia. La reiterata scelta è segno di gradimento dell’accoglienza e della comodità della sede.

L’unica relazione “frontale” è stata affidata alla dott.sa Maria Francesca Carnea, che, dopo una sintesi degli snodi più significativi del pensiero di S. Caterina da Siena, si è soffermata sui risvolti quotidiani e “politici” dell’agire secondo le indicazioni della senese.

È seguito il lavoro di quattro gruppi, che con metodologie diverse hanno approfondito il messaggio e si sono posti domande in ordine all’agire. Si è spaziato dall’esigenza della preghiera personale al servizio ecclesiale e all’ascolto/presenza/servizio verso il mondo. Ecco i gruppi, le tematiche, i coordinatori:  

* 1. La Dignità dell’uomo (coordinatori: Lia Dolfini – M. Elisabetta Molé); 

* 2. Non sotterrare il talento (coordinatori: Marina Pasqui – Alfredo Valli);

* 3. Carità nel giudicare (coordinatori: Giovanna Marchini – Giancarlo Tione);

* 4. Ruolo dei laici nella Chiesa e nell’Ordine (coordinatori: Giuseppe Aceti – Alessandra Trebbi).

 Il sito mette a disposizione un po’ di materiale a cominciare dal testo della relazione base (Relazione dott.sa Carnea) e le conclusioni dei gruppi.

Dopo un video su alcuni momenti del Convegno (Spizzichi del Convegno), si può vedere un’intervista alla relatrice (Intervista Dott.ssa Carnea), che sintetizza efficacemente tre difetti “cateriniani” dei politici. Seguono una scontata intervista a Irene Larcan e fra Raffaele Previsto (Presidente e Promotore) e qualche intervista di informazioni e testimonianze di alcune fraternite (Fraternita La Spezia – Fraternita Milano – Fraternita Chieri e Genova).

E, come sempre, si possono scorrere le foto

Trarre ispirazione dagli esempi ...

Biografia «Pier Giorgio Frassati nacque a Torino il 6 aprile 1901, Sabato Santo. Quando, fanciullo, apprese i primi racconti del Vangelo, Pier Giorgio ne restò colpito, a volte in modo così profondo da diventare protagonista di gesti inattesi in un bimbo tanto piccolo.

Appendice


Biografia di Pier Giorgio Frassati   

Nato a Torino il giorno del Sabato Santo il 6 aprile 1901

Quando, fanciullo, apprese i primi racconti del Vangelo, Pier Giorgio ne restò colpito, a volte in modo così profondo da diventare protagonista di gesti inattesi in un bimbo tanto piccolo. Dopo l’infanzia venne istruito con la sorella privatamente, e successivamente fu avviato alle scuole statali, ma Pier Giorgio in questi primi studi non mostrava molta attenzione, tanto che un anno fu bocciato.

Vista la non brillante carriera scolastica, la famiglia lo affidò al salesiano don Cojazzi che oltre ad insegnargli la letteratura lo accosterà alla spiritualità cristiana. I Frassati erano una delle famiglie più in vista della città, di estrazione alto-borghese. Il padre Alfredo era proprietario del quotidiano «La Stampa», ma Pier Giorgio, che non voleva i soldi di suo padre, aveva dichiarato pubblicamente che la sua eredità l’avrebbe divisa tutta con i poveri.

Per essi aveva intrapreso gli studi molto difficili di ingegneria per diventare ingegnere minerario e così potersi dedicare al servizio di Cristo fra i minatori, tra i più derelitti degli operai.

Avrebbe potuto allietare la sua giovinezza con ricevimenti e feste da ballo, ma preferiva essere il “facchino” dei poveri, trascinando per le vie di Torino i carretti carichi di masserizie degli sfrattati… e come membro della Conferenza di S. Vincenzo visitare le famiglie più bisognose per portarvi conforto e aiuto materiale.

Vi si recava generalmente al mattino, prima delle lezioni all’Università, oppure nelle uscite serali, carico di pacchi, vincendo con la carità l’umana ripugnanza che si accompagnava al tanfo nauseante di certi tuguri.

Dinamico, volitivo, pieno di vita, Pier Giorgio amava i fiori e la poesia, le scalate in montagna. Spesso raggiungeva a piedi il Santuario della Madonna di Oropa, il grande tempio mariano del Piemonte. Arrivato al Santuario, dopo un’ora di marcia e completamente digiuno, era solito assistere alla Santa Messa, poi faceva la Comunione, quindi si raccoglieva in preghiera nel transetto di destra, davanti all’immagine della Vergine Bruna. Nel ritorno verso casa recitava il Rosario lungo la via, ad alta voce, cantando le Litanie.

Pier Giorgio amava anche comporre dei rosari con i semi di una pianta di Pollone, che poi regalava agli amici. Era questo un modo per ricordare loro l’impegno della preghiera e la devozione verso la Vergine, che per lui era irrinunciabile.

Il 28 maggio 1922, nella chiesa torinese di San Domenico, ricevette l’abito di terziario domenicano: Pier Giorgio, da fervente discepolo di San Domenico, recitava ogni giorno il Rosario, che portava sempre nel taschino della giacca, non esitando a tirarlo fuori in qualsiasi momento per pregare, anche in tram o sul treno, persino per strada.

“Il mio testamento – diceva, mostrando la corona del Rosario – lo porto sempre in tasca”.

Il 30 giugno 1925 Pier Giorgio accusa degli strani malesseri, emicrania e inappetenza: non è una banale influenza, ma una poliomielite fulminante che lo stronca in soli quattro giorni, il 4 luglio, tra lo sconcerto e il dolore dei suoi familiari e dei tanti amici e conoscenti, a soli 24 anni. Sulla sua scrivania, accanto ai testi universitari, erano aperti l’Ufficio della Madonna e la vita di Santa Caterina da Siena. Nasceva alla vita del Cielo di sabato, giorno mariano, così come anche di sabato, il Sabato Santo di ventiquattro anni prima, era venuto al mondo.

È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990.